Esiste un gruppo ben noto tra i professionisti del settore, incaricato di verificare le certificazioni e l’adeguatezza degli standard necessari per la produzione dei materiali fondamentali alla filiera.
Questo gruppo stabilisce limitazioni precise all’acquisto delle materie prime e, dopo controlli accurati, etichetta i fornitori sul proprio portale ufficiale con un bollino rosso o verde, in base alla conformità ai requisiti stabiliti: un bollino verde garantisce l’accreditamento del fornitore.
In teoria, rispettando queste direttive, non dovrebbero sorgere problemi. Ma cosa accade se, a distanza di pochi mesi, un fornitore precedentemente “verde” passa a “rosso”?
Se uno dei nomi approvati cambia status, non possiamo più utilizzare o vendere i prodotti realizzati con quella materia prima.
Questo implica che i prodotti destinati allo stock service rischiano di rimanere fermi, inutilizzabili, per un periodo indefinito, riducendo drasticamente la nostra capacità di vendita per quel servizio, con impatti negativi sull’intero sistema.
Non si tratta di una semplice polemica: è una situazione che aggrava ulteriormente la crisi che il distretto tessile sta già affrontando.
Pensare a soluzioni pratiche appare complesso, perché se il blocco arriva “dall’alto”, tutti noi siamo costretti a rispettarlo, indipendentemente dalle conseguenze e dalla nostra volontà.
E se ci fosse una reazione collettiva? Se tutti coloro che subiscono queste limitazioni – che sembrano cambiare a seconda del vento – decidessero di dire basta?
Se filature, lanifici e ogni realtà coinvolta si unissero in questa protesta, potremmo davvero fare qualcosa?