La Nazione – Filature Cardate, la lenta agonia

Articolo di oggi, venerdì 30 Novembre, su La Nazione:

Filature cardate, la lenta agonia
«Chiusure a raffica: salvateci»

Poco investimento sulla formazione, manca il ricambio generazionale

DIO SALVI la filiera tessile. E sembra proprio necessario un intervento divino visto che molte lavorazioni sono più che mai a rischio estinzione. A correre i maggiori rischi è proprio la filatura cardata, la lavorazione a monte di tutto il processo che ha rappresentato il fiore all’occhiello e la marcia in più di un distretto che ha creato lavoro e ricchezza per decenni.
Delle circa 70 aziende in attività a inizio anno, alcune hanno già chiuso i battenti e altre sono in procinto di farlo, in particolare quelle inserite nel tessuto urbano e con maggiori difficoltà logistiche. Ma il problema più grosso e apparentemente insormontabile è il mancato ricambio generazionale che riguarda un po’ tutte le mansioni della filatura cardata e in particolare la figura-chiave, quella del capomacchina, che della filatura è il cervello pensante.
«Non è certamente la quota 100 a rendere drammatica la situazione», spiega Guido Pagliai, titolare della filatura Valfilo e consigliere di Confindustria. «Se si pensa che per formare un capomacchina servono una ventina d’anni di esperienza, a patto di trovare un soggetto adatto, appare chiaro che il problema nasce molto tempo fa. Oggi è raro trovare un capomacchina con meno di 60 anni e gli stessi titolari sono in età avanzata e senza ricambio generazionale, come nel mio caso, con 75 anni e nessuno a cui cedere il timone dell’azienda.
La vera causa di tutto ciò è che negli ultimi vent’anni nessuno ha investito in personale, c’è stato uno sfruttamento delle lavorazioni conto terzi che hanno potuto solo gestire le perdite. Oggi accade, quindi, che vediamo sempre più spesso commercianti girare nel distretto per vendere macchinari di filature cardate in Cina, e chi ha contratti di affitto in scadenza non li rinnova e chiude bottega».
Non esiste davvero più nessuna speranza di salvare questo comparto di fondamentale importanza per la filiera tessile pratese?
«L’unica possibilità che posso vedere – dice Pagliai – è la creazione di piccoli gruppi di lanifici che entrino nelle filature con le caratteristiche per guardare al futuro, quindi situate in zone industriali e con la possibilità di investire in manodopera. A mio parere questa è l’unica strada per sostenere queste aziende in un momento quanto mai difficile nella speranza di salvare almeno le ultime filature rimaste». Anche perché l’atteggiamento di rifiuto da parte dei giovani a entrare nel tessile sta lentamente cambiando.
«Ho recentemente preso due giovani come apprendisti – dice Pagliai – Il lavoro in filatura richiede sacrifici e non tutti sono disposti a farli. Ma se si cerca con convinzione qualche giovane si riesce a trovare»

Umberto Mormile